Working Overtime
Non tentate di giocare a scacchi con la morte: vince lei.

Finiamo la settimana parlando di cose allegre: la morte. Non potete dire che non sono sul pezzo, considerando che questa è la settimana di Halloween.
Detto sinceramente la morte mi spaventa. Non sono credente e non credo nel paradiso e inferno, ma il pensiero che dopo questa vita non ci sia più niente mi fa paura. Cosa viviamo a fare, allora? O meglio ancora: cosa ci siamo evoluti a fare?
Ma questa è un’altra questione.
Ognuno di noi comunque reagisce alla morte in modi differenti e nel web 2.0 parlare di morte offende sempre qualcuno. Qual è il modo giusto di reagire alla morte? In un mondo dove tutti possono dire la loro, cosa si può dire in certi momenti? Bene, questo post è un tentativo di spiegare come personalmente io vedo la morte.
Tengo a precisare inoltre che questo discorso è limitato alla morte di figure pubbliche e personaggi famosi, perché reagire alla morte delle persone che conosciamo e amiamo è una cosa diversa ed è veramente troppo difficile affrontare l’argomento.

Qualche settimana fa è morto Steve Jobs dopo una lunga battaglia con il cancro. Steve Jobs era un genio. Sulla mia scrivania in questo momento ho sia l’iPhone che l’iPod Touch e sto ascoltando musica con iTunes. Oggi non riesco ad immaginare la mia vita senza il mio Sirius (l’iPhone). Ieri, per esempio, mi è caduto e mi è venuto un piccolo infarto. Detto questo, per me Steve Jobs come uomo non era proprio un granché (i motivi sono molteplici: questo video spiega abbastanza bene il mio punto di vista) e così, dopo tre giorni di “Stay Hungry, Stay Foolish” (non per dire, ma ha detto anche dell’altro, siate originali!), sono arrivata ad un punto limite e ho scritto ciò che pensavo di Steve Jobs sulla mia pagina facebook.

Se tornassi indietro non lo rifarei.

Ho scatenato un vero e proprio flame (inoltre, a discussione in corso, non riesco a dire:”Vabbè tu la pensi in questo modo e io in questo”). Non voglio parlare di Steve Jobs perché ognuno ha l’opinione che vuole, ma ci sono alcune cose che sono state dette nella discussione, a proposito della morte, che mi hanno fatto riflettere. In sostanza c’era questo sentimento generale che siccome Steve Jobs era morto non si poteva parlarne male. E la mia sincera, onesta domanda è: perché? Non riesco veramente a capirlo.

Lo scorso giugno uno dei protagonisti di Jackass, Ryan Dunn, è morto in un incidente stradale. Andava a più di 200 km/h in una zona il cui massimo consentito era di 90 km/h e aveva un tasso alcolemico doppio rispetto ai limiti legali dello stato della Pennsylvania. Su questo caso ci sono state milioni di polemiche e di scontri su Twitter tra gente che diceva che se lo meritava, che se l’è cercata e gente che invece scriveva RIP e diceva agli altri di farsi i fatti propri (è intervenuto nella discussione Bam Margera, suo migliore amico e collega). La verità sta nel mezzo probabilmente. Dispiace sempre quando una persona giovane muore, ma ciò non toglie che sia un coglione. Per me dire che Ryan Dunn è un coglione non significa non dargli il rispetto che merita, per me è una semplice constatazione.

Al momento la polemica gira intorno a Marco Simoncelli. Domenica mi sono svegliata tardi, ho preso l’iPhone e l’ho scoperto tramite twitter, mentre facevo colazione. Mentre scrollavo ho proprio vissuto tutto: ho letto dell’incidente, ho letto del fatto che era grave ma che forse ce la faceva e poi anche della triste notizia della sua morte. E’ stato un pugno nello stomaco. Simoncelli aveva un anno meno di me. Mi era sempre sembrato un tipo simpatico e mi sono spesso chiesta come facesse a tenere tutti i riccoli sotto il casco. Non seguo la moto GP, non ero una fan, ma era una notizia che mi ha fatto male, perché era giovane, perché era simpatico, perché aveva tutti quei riccioli. Io credo che Simoncelli fosse perfettamente consapevole dei rischi che si prendeva a correre in pista e che in fondo anche la morte l’avesse messa in conto, ma è comunque inaspettato, perché non sei mai tu.
Come sempre ci sono state polemiche. C’erano persone che hanno detto che quelli che non erano fans non avevano alcun diritto di starci male, c’erano persone che hanno detto che se l’è cercata e ovviamente i soliti, ci sono sempre, che tirano fuori i bambini in Africa che muoiono ogni giorno (che io ho come l’impressione che a questi dei bambini africani non freghi una beata mazza, ma che lo facciano solo per sentirsi superiori. Successe anche con Steve Jobs: stesso pensiero).
Ecco, queste cose mi danno fastidio.
D’altra parte però non ho trovato così sconveniente la battuta di Nonciclopedia che sta causando un sacco di polemiche. Quella battuta è semplice humor nero. Non è la prima volta (e non sarà l’ultima) che Nonciclopedia utilizza questo tipo di umorismo. E no, non ci trovo, dal mio punto di vista, niente di male a ridere della morte, è un modo come un altro per esorcizzare la paura, il fatto che non riusciamo a capire il perché una cosa del genere sia successa. Almeno per me è così.

Finisco il discorso “morti famose” con Michael Jackson, perché ciò che sta accandendo intorno alla figuria del cantante di Thriller è decisamente disgustosa. Vi ricordate la figlia di Michael, Paris Jackson? Sicuramente sì. E’ quella che in TV, al funerale di Michael, ci ha fatto piangere come bambini. Ecco. Adesso ha 13 anni ed è iscritta a Twitter. Non è una scelta felice a mio avviso. Ma ancora più infelice deve essere la vita di coloro che le twittano le foto di suo padre da morto. Che senso ha? Voglio dire Michael Jackson può piacere o meno, potete anche credere a tutte le voci che girano intorno alla sua figura, potete anche vociferare i vostri pensieri sul vostro profilo/blog, ma che cosa c’entra sua figlia?

Discorso a parte a questo punto meritano le catastrofi, perché quando succede una tragedia il mio primo istinto è prendere a calci il modem finché non si rompe, in modo da evitare di entrare su internet per un paio di settimane. Perché dico questo? Perché ogni volta che succede qualcosa esce la feccia dell’umanità.
Prendiamo ad esempio il terremoto e lo Tsunami che sono avvenuti in Giappone qualche mese fa. Chi mi legge sa che io ho una passione per la Terra del Sol Levante, ma una tragedia di quelle portate, con tanto di incidente nucleare come contorno, avrebbe dovuto unire il mondo, farci capire che siamo veramente piccoli contro madre natura e che una disgrazia di queste portate può far del male anche ad una nazione molto avanzata tecnologicamente come il Giappone. Mi aspettavo questo. Evidentemente mi sbagliavo e non avevo tenuto conto dell’idiozia umana e, in special modo in questo caso, della stupidità degli americani. Apparentemente infatti il terremoto e lo stunami erano solo un payback per l’attacco a Pearl Harbor. “Karma is a bitch” è una frase che ho sentito parecchio in quei giorni. Due bombe atomiche non erano abbastanza. E se pensate che queste opinioni fossero opinioni isolate di qualche triste, fallito troll, vi sbagliate: sono stati moltissimi quelli che hanno scritto cose del genere.
E in particolare ho anche due esempi.
Una studentessa della UCLA (University California Los Angeles) registrò un video in cui se la prendeva con i giapponesi che in biblioteca lasciavano i cellulari accesi e rispondevano. Vado a memoria, ma mi ricordo disse qualcosa tipo:”non voglio sentire il vostro cingchangchong. In biblioteca non si parla al cellulare”. Questa studentessa è stata in seguito espulsa dalla UCLA.
Un’altra ragazza invece registrò un video in cui interpretava la parte di una fervente cristiana (stile Born Again, cioè quelli completamente pazzi) che aveva pregato per una cosa del genere, perché Dio doveva punire gli infedeli. S’è venuto a sapere, solo dopo quando ormai l’account youtube di questa persona era stato cancellato, che in realtà era uno sketch comico e che la ragazza era ad un passo a firmare un contratto con Comedy Central (se non sbaglio o comunque con una cosa del genere). Inutile dire che questa ragazza è sparita dalla circolazione dopo aver registrato un video di scuse.

Purtroppo non possiamo neanche dire “Lol, Americans”, prendendoci gioco di loro, perché queste cose avvengono anche da noi. Apparentemente la frase “tutto il mondo è paese” si può tradurre in un “i coglioni sono un po’ ovunque”.

E’ il momento delle considerazioni finali. All’inizio del post io ho scritto che la morte al tempo del web 2.0 si reagisce in modo diverso. E ho fatto alcuni esempi, analizzati dal mio punto di vista personale che mi hanno portato alle seguenti considerazioni

  • La morte non cambia una vita e non ci fa automaticamente santi. Se uno è vissuto da stronzo è anche morto da stronzo.
  • Bisogna rispettare le persone che hanno amato una persona, ma a mio avviso bisogna anche riconoscere difetti e pregi di una persona (vedi punto primo)
  • Si percepiscono le cose in maniera diversa e ciò che aiuta me (una battuta di dark humor) può essere fuori-luogo per altro (e succede anche il contrario)
  • Parlare sinceramente di una persona morta, nel bene e nel male, non significa essere contenti che questo sia morto. Anzi Bin Laden è morto e, sebbene capisca perché sia successo (diciamocelo chiaro: un processo a Bin Laden sarebbe stato impossibile), ho trovato fuori luogo le manifestazioni di giubilo degli Americani (a meno che non fossero direttamente collegati alle vittime delle Torri Gemelle).
  • In caso di tragedie questi discorsi non valgono ed è meglio stare zitti a prescindere, perché si ci trova di fronte a più vite umane, ognuna con la sua storia diversa
  • In caso di tragedie è inutile compararle ad altre tragedie. Vedi l’undici settembre 2001 comparato all’undici settembre 1973. Le vittime delle torri non hanno colpa sulla storia del Cile.

E direi che questo è tutto. Evitiamo i flame per favore.