Lo scorso weekend il web è imploso dopo l’intervista rilasciata a Repubblica dall’Onorevole Boldrini. Io ho deciso di aspettare un attimo prima di scrivere qualcosa, perché avevo bisogno di pensarci a mente fredda. Negli scorsi giorni ho letto opinioni su opinioni di gente sulla rete: in particolare mi sono rimaste impressi gli articoli di Comunicazione di Genere, Gilda35 (firmato da Giovanni Scrofani i persona) e quello di Riccardo Esposito.
Ho deciso di aspettare un attimo e raccogliere le idee e rispondere a tutti con questo post, che ho cercato di scrivere nella maniera più razionale possibile, cercando di valutare pro e contro. Vi dico subito che, in questo momento, non ho ancora idea di quali saranno le mie conclusioni, perché il topic di discussione è quanto mai delicato. Voglio dirvi anche che tutti gli articoli che ho letto hanno ragione. E al tempo stesso hanno tutti torto. Si tratta, quello del controllo del web, un argomento su cui si sta discutendo in tutto il mondo, ne discutono persone che sicuramente ne sanno più di me, ciò nonostante è che il web, come ho sempre detto, da una voce a tutti e quindi adesso voi siete qui a leggere quello che ne penso io; un’opinione, la mia, che non è determinante né da un lato né dall’altro.

La Rete non è come la vita vera

Una delle frasi che ho letto di più in questi giorni sugli articoli riguardanti le parole della Boldrini è che il web sarebbe come la vita reale. Conseguentemente le leggi per il web non servono, perché ci sono già quelle normali che sono applicabili.
Ecco.
Questa è la prima cosa con cui sono completamente in disaccordo. Mi sembra una visione del web poco veritiera e banale. Veramente la pensate così o siete davvero così nerd da non accorgervi della differenza?

  1. La “Desensibilizzazione da schermo” è quel fenomeno che ci rende più aggressivi contro qualcuno se non ce l’abbiamo davanti e gli parliamo attraverso uno schermo. E’ un problema esclusivamente del web, non della vita reale.
  2. Quando condivido qualcosa con il web (parole, foto, immagini, video, musica) la mia audience è potenzialmente illimitata: posso raggiungere dieci persone come due miliardi. Nella vita reale il mio circolo è ristretto.
  3. Quando condivido qualcosa sul web (parole, foto, immagini, video, musica) so per certo che l’ho condivisa e che qualcuno la vedrà. So anche che potenzialmente è lì per l’eternità. Il forum tatu-girls.net di cui ero moderatrice non è più online, ma posso continuare a visitarlo e trovare i miei post con Internet Archive.
  4. Puoi cambiare città, nazione e anche continente, puoi riventarti da capo, ma non riuscirai mai a far perdere completamente le tue tracce sul web.
  5. Ho amici che ho conosciuto tramite internet e li adoro alla follia, con alcune amiche conosciute sul web sono andata anche in vacanza ed è stata una settimana fantastica, ma ho anche bisogno di contatto umano, di uscire con qualcuno a prendermi una birra, di andare a coccolare il mio nipotino: ho bisogno anche della vita vera.

Per sottolineare come sia diversa la rete dalla vita reale, voglio citarvi due casi che ho studiato da vicino.
Voglio parlavi di Blake Boston. Blake Boston è un ragazzo americano un po’ tamarro. Un giorno la madre di Blake  gli scatta una foto e la posta su MySpace. Qualche tempo dopo la foto in questione finisce su Reddit e Blake Boston diventa “Scumbag Steve“(tradotto letteralmente “Sacco di feccia Steve”). Blake è diventato un meme. Che lui l’avesse voluto o no, questo non ha importanza. Ora Blake è Scumbag Steve.
Diventare un meme è certamente una cosa che può essere irritante, ma può anche provocare dei danni. Ricordate che oggi molti datori di lavoro, prima di assumere qualcuno, lo cercano su Google. Voi assumereste “Sacco di feccia Stefano”?

In ogni caso può succedere di peggio che diventare un meme. Lasciate che vi racconti la storia di Amanda Todd. Amanda Todd era un’adolescente canadese, aveva 15 anni quando si è suicidata, lo scorso ottobre.
Quando aveva 12 anni Amanda frequentava la video chat BlogTV, una famosa chat per adolescenti in Canada e negli Stati Uniti. Durante una chat si è tirata su la maglietta, l’uomo dall’altra parte ha registrato l’accaduto e l’ha minacciata. Se non avesse fatto “certe cose” per lui, il video sarebbe divenuto di pubblico dominio. Amanda si è rifiutata e il video è diventato pubblico. E’ a questo punto che ha iniziato ad essere vittima di bullismo e di cyberbullismo. Sua madre le ha cambiato scuola. Ma non è servito: era tutto sul web e anche i suoi nuovi compagni sono diventato presto esattamente come quelli vecchi. La situazione è stata anche segnalata alla polizia che non è riuscita a far nulla.
La storia di Amanda Todd è similare a quella di Rehtaeh Parson, stuprata da alcuni dei suoi compagni di scuola e vittima di conseguenti atti di bullismo e cyber-bullismo. Rehtaeh aveva 17 anni quando si è impiccata.

Una screen del video che Amanda Todd ha postato su Youtube poco prima di suicidarsi
Una screen del video che Amanda Todd ha postato su Youtube poco prima di suicidarsi

Si può parlare del fatto che Amanda abbia fatto un errore a mostrare il seno in chat. Si ci può chiedere dove fossero i genitori in quel momento. Ma il punto non è dare la colpa alla vittima. Il punto è che Amanda aveva 12 anni e ha fatto una cazzata. Non si meritava niente di tutto ciò che le è capitato. Il punto è che se io avessi fatto una cazzata a 12 anni e fossi diventata vittima dei bulli, sarebbe bastato cambiarmi scuola per ricominciare.

Il web non è come la vita reale. Internet è strettamente collegato alla vita reale, ma non lo è.

Le leggi che abbiamo nella “vita reale” non sono così facilmente applicabili sul web. La Boldrini ha querelato le persone in questione e sono certa che ci saranno delle conseguenze. Però bisogna considerare che le persone che hanno diffamato e minacciato l’onorevole Boldrini non sono due o tre. Sono migliaia. Se capitasse a voi? Fareste centinaia di querele?

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Il problema della rete

Inutile nasconderci dietro ad un dito: sul web c’è un problema. Le parole della Boldrini non hanno aperto il vaso di Pandora, ma hanno semplicemente sottolineato l’ovvio. Il web è un bellissimo strumento democratico, una fonte inesauribile di informazioni, ma è anche una discarica. Il fatto di ammettere che sul web ci siano imbecilli non significa che faccia tutto schifo, significa ammettere che si può fare di più.
Il “Caso Boldrini” non è una cosa nuova. C’è stato anche di peggio. Qualche tempo fa è stata Anita Sarkeesian nell’occhio del ciclone in maniera non dissimilare. Anita Sarkeesian è americana, tanto per sottolineare il fatto che queste cose non succedono solo da noi.

Questi non sono casi isolati.
Basta leggere i commenti su Facebook e su Youtube per accorgersi che la vita fa schifo e alla fine muori (cit).
Qualcuno ha scritto che il web è solo uno strumento ed è lo specchio della nostra società. Infatti la nostra società è spesso uno schifo. Questa però non è una scusante. Perché certe cose non sono accettabili quando le sentiamo dal vivo, ma quando sono sul web diventano “libertà d’espressione”.
Sapete bene che io sono per la privacy sul web, che combatto strenuamente la regola (stupida e inutile) del nome e del cognome su certi social, ma d’altra parte io non ho mai minacciato di morte nessuno.
Inoltre sapete anche che io sono una grande appassionata della Netiquette e che ne seguo le regole; regole che mi impogono di rispettare gli altri, di dialogare senza trasformare il tutto in un flame, regole che dicono che non sono accettati incitamenti all’odio né a certe ideologie politiche.
Il web era diverso, quando ho cominciato ad usarlo.
Era più piccolo e i Social del tempo (chat, forum e mailing-list) erano amministrati e moderati da persone che avevano delle leggi e che le facevano rispettare. Anche Facebook e gli altri Social hanno una policy, ma è ben più difficile farla rispettare e non sempre c’è coerenza nelle decisioni dell’alto (cancello la foto di un ginocchio che sembra un capezzolo ma lascio online per due giorni un video di una donna che viene decapitata. WHAT THE FUCK, FACEBOOK!).

La Boldrini ha sollevato un problema reale e globale.
Il problema c’è, quidi come lo risolviamo? Questa è la mia domanda.
Come si può risorvere questo problema?

Molti articoli sostengono che per risolvere il problema del web bisogna risolvere quello della nostra società e che dovremmo insegnare ai ragazzi ad usare il web, nel bene e, soprattutto, nel male. Far capir alle persone che quello che postano oggi sul web ha delle conseguenze. E sono tutte idee molto valide, sia chiaro, sono completamente d’accordo, ma ci serve una soluzione a breve termine.
Ci serve una soluzione adesso.
Forse una legge specifica su certi comportamenti sulla rete potrebbe essere d’aiuto, potrebbe far capire alle persone che sul web non si può dire tutto, solo perché hai la possibilità di farlo.

Perché possiamo anche dircelo, visto che siamo tra noi, ci sono delle opinioni che non mi sento di difendere. Forse non sarò brava, ma a me ci sono cose, come il razzismo e l’omofobia oltre, naturalmente, al sessismo, che mi danno fastidio e che preferirei vedere censurare. Mi rendo conto che il problema della censura è che censura porta censura. Che si inizia cancellando un commento in cui si afferma che i gay sono malati mentali e poi si finisce a cancellare tutto il mio blog, perché ho detto che Lost non mi piace. Ma sinceramente credo anche che questa cosa della libertà di espressione ci stia prendendo un po’ troppo la mano e che difendiamo anche l’indifendibile.

“ti ammanetto di chiudo in una stanza buia e ti uso come orinatoio, morirai affogata”

Questa qua sopra è una delle tanti frase che è stata lanciata alla Boldrini. Ora capisco che questa frase è più una minaccia che un’opinione, ma volevo dirvi che sono tanti quelli che scrivono cose del genere su Facebook e censurarli non risolverà il problema (che è più ampio e fa parte della società), ma sinceramente la persona che ha scritto questo commento fa schifo, merita di essere censurato e bannata a vita (bim bum ban).

Vieni vicino!
Vieni vicino!

E poi voi vi lamentate dei trending topic dedicati ai One Direction
(Tra l’altro una parte delle adolescenti di oggi sui social sono spaventosi, ma questo meriterebbe un post a parte e non ne ho voglia)

A proposito di Politically Correct…

Tra i vari articoli che ho letto ho sentito qualcuno che si lamentava anche di un web troppo politicamente corretto. Questa è una grandissima cazzata. Cari amici e amiche che credete che il politically correct stia rovinando tutto, sappiate che siete dei privilegiati. A voi non interessa il politically correct, perché tanto non siete il target, perché la vostra vita è automaticamente politically correct. Non siete voi a decidere cos’è politicamente corretto e cosa no, sono le persone che sono offese che devono avere la parola.

Gli uomini non potranno mai capire interamente cosa prova una donna, quando non può camminare per strada da sola la sera, quando le viene chiesto “ha intenzione di avere figli?” ad un colloquio, quando riceve apprezzamenti non richiesti.
Io, come cittadina italiana, non potrò mai capire i sentimenti di chi viene fatto sentire inferiore perché ha la pelle diversa, i sentimenti di una persona di colore quando gli vengono fatti i versi della scimmia, non potrò capire mai cosa significa essere nati e cresciuti in Italia e non poter votare.
Io, come donna etero, non potrò mai capire cosa significa essere nati nel corpo sbagliato, cosa significa non poter baciare una persona e non poterla tenere per mano perché si potrebbe rischiare di venire picchiati (o stuprati), non so e non posso capire cosa significa non poter andare a trovare in ospedale la persona che amo.

Per questo motivo se una persona mi dice:”Guarda che questo lo trovo offensivo”, io non mi metto a pensare:”Uffa, cazzo di politically correct”.
Per questo motivo quando dico ad una persona che la sua barzelletta è sessista, non voglio sentirmi dire cose come “rilassati/calmati/fatti una risata”.
Per me non esiste il politically correct, per me esistono persone che si possono offendere per ciò che scrivo, persone che sanno più di me quanto può ferire una parola.
(Dei sentimenti dei soliti razzisti/omofobi/sessisti me ne sbatto comunque, perché ho un doppio standard. Sappiatelo)

Conclusioni

Be’ all’inizio del post non avevo idea di preciso di dove sarei andata a parare, ora invece mi pare che le mie idee siano abbastanza chiare.
In passato mi sono opposta strenuamente a proposte di legge come la SOPA e la CISPA, perché erano leggi sbagliate, atte più a proteggere gli interessi di certe lobby che le persone.
A mio avviso è questo quello che si perde di vista, quando si parla di internet.
Il web è popolato di persone e queste persone vanno protette, però deve essere una protezione che vada in una triplice direzione.
Si deve proteggere la privacy di chi usa il web, si deve proteggere la libertà di parola e si devono proteggere gli utenti da casi come quello della Boldrini, di Amanda Todd, di Scumbag Steve. Non è una cosa facile mettere insieme queste cose.
Sono contenta che le parole della Boldrini abbiano fatto cominciare un dibattito su questo argomento, un dibattito che ho visto molto ben strutturato.

Nota N. 1 – Questo post non sarebbe nato senza l’aiuto preziosissimo della mia amica Jessica, studentessa di giurisprudenza, che mi ha aiutato a capire nel dettaglio come funziona la legge italiana e se stavo dicendo cose giuste o no. Si ringrazia anche Benny con cui invece ho discusso di psicologia.

Nota N. 2 – Comunque per proteggermi io ho creato la AcrossNetiquette, cioè ho scritto la policy del sito e sì, confermo che potrei cancellare commenti se non rispettano alcune linee guida basilari di civiltà.

Nota N. 3 – Io avevo già scritto qualcosa su questo argomento al tempo delle Olimpiadi di Londra e degli insulti a John Daley

Nota N. 4 – Le persone che hanno minacciato e insultato la Boldrini non sono trolls. I trolls sono una cosa simpatica. Ti dovrebbero far ridere. Sì, lo so, Riccardo mi ha detto che ci sono diversi tipi di troll, ma sostanzialmente questi sono HATERS  e Cyber-bulli.

Nota N. 5 – I titoli di Repubblica per fare polemica sono orrendi comunque.

Nota N. 6 – Non ho voluto entrare nella questione “ragazzi che postano foto della loro ex” sul web per fargliela pagare, perché sennò ci uscivo di testa, ma sì. Ci sarebbe anche questo problema. Negli Stati Uniti un ragazzo ha messo un annuncio su Craiglist a nome della sua ex in cui scriveva che la sua fantasia era farsi stuprare… volete sapere com’è finita? Male, ecco come.

Nota N. 7 – Ci sarebbe anche la questione del web che fa la caccia alle streghe digitali e che nel caso dell’attentato di Boston… be’ potete leggere quello che è successo nei commenti all’articolo di Skande.

Nota N. 8 – Mi trovo abbastanza d’accordo col video di #BreakingItaly